REDDITO DI CITTADINANZA E REDDITO MINIMO GARANTITO

di  Antonella  Soddu

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La polemica che ruota intorno alla proposta del M5s sul reddito di cittadinanza, rischia di ingenerare confusione. Non vogliamo credere che tutti, a cominciare dai ferventi proponenti, mirino appunto a confondere volutamente le due cose e allo stesso tempo giocare a fare il lavaggio dei cervelli di cittadini disperati. Sarebbe scorretto in tutti i sensi. Proviamo a capire meglio. In tutto il mondo il cosiddetto reddito di cittadinanza è in vigore solo nelle Stato dell’ Alaska, negli Stati Uniti; Viene erogato a tutti, indipendentemente se uno il lavoro l’ha meno, anche a chi è ricco. Ciò detto, onde evitare di fare le solite cantilene e provare a rendere credibile e percorribile la cosa, meglio sarebbe chiamare questa “cosa” che si vorrebbe realizzare in Italia, con il suo vero nome di battesimo. Quindi, “reddito minimo garantito”. Ci sono sostanziali differenze: Reddito di cittadinanza. E’ una misura legata all’unico requisito dell’essere cittadini, non a quello di essere disoccupati e nemmeno a quello di essere poveri. Reddito Minimo Garantito. E’ per tutti coloro che sono alla ricerca del primo impiego, coloro che non hanno la possibilità di accedere al sussidio di disoccupazione, o perché non in possesso dei requisiti minimi, o per tipo di contratto di lavoro. Ora vediamo quali sono i paesi ove è applicato il reddito di cittadinanza e quelli in cui è applicato il reddito minimo garantito. In tutta Europa esiste il “reddito di base” – meglio noto come “ reddito minimo garantito”. Il Reddito minimo garantito non è attuato solo in Italia, Spagna , Grecia e Portogallo. Nel 1992 l’UE ha invitato tutti gli stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto il reddito di base nelle proprie politiche di Welfare. La delibera 92/411 di fatto impegnava gli Stati ad adottare misure di garanzia di reddito. Piccola nota rilevante l’Italia pur non essendo tra gli Stati che hanno introdotto il reddito minimo garantito ha una piccola nota che emerge. Infatti la Regione Lazio prevede un sussidio di circa 600 euro mensili per coloro che, tra i 30 e i 44 anni, ha un reddito annuo inferiore agli 8000 euro. Chiusa questa parentesi, vediamo gli Stati in cui è introdotto il – “Reddito di base”.

– in Belgio è attivo il Minimax, una rendita mensile di 650€, rilasciata a titolo individuale, a cui può avere accesso chiunque;

– In Lussemburgo è attivo il Revenu Minimum Guaranti, un reddito individuale che si aggira intorno ai 1100€ e che si ottiene fino al raggiungimento di una migliore condizione economica .

– in Olanda esiste il Beinstand, rilasciato a titolo individuale, che si accompagna a tutta una serie di sostegni per affitti, trasporti e accesso alla cultura. Esiste inoltre un’altra forma di reddito minimo di 500€, il Wik, garantito agli artisti per poter permettere loro di creare in libertà senza troppi oneri economici.

– In Austria c’è il Sozialhilfe (letteralmente “aiuto sociale”) affiancato a diverse coperture delle utenze quali elettricità, gas e affitto ed altri aiuti economici per il cibo.

– In Norvegia è presente il “reddito di esistenza” (già il nome è significativo ) si tratta di un contributo mensile di 500€, elargito individualmente, che si integra a coperture dell’affitto e dell’elettricità.

– In Germania esiste l’Arbeitslosengeld II, rilasciato a tutti coloro, di età compresa tra i 16 e i 65 anni, che non hanno un lavoro o appartengono a fasce di basso reddito. Si tratta di un rendita mensile di 345€, che di per sé non è elevata, ma si integra alle coperture dei costi di affitto e riscaldamento. Questa rendita inoltre è illimitata nel tempo e viene garantita non solo ai cittadini tedeschi, ma anche, notare bene, agli stranieri con regolare permesso di soggiorno.

– In Gran Bretagna, paese precursore per quel che riguarda il sostegno al reddito, sono garantiti diversi interventi che permettono ai meno abbienti di poter avere un tenore di vita discreto. L’Income Based Jobseeker’s Allowance è una rendita individuale illimitata nel tempo, che varia dai 300 ai 500€, rilasciata sempre a titolo individuale a partire dai 18 anni di età a tutti coloro i cui risparmi non raggiungono i 12775€. Viene inoltre garantita la copertura dell’affitto (Housing benefit) e vengono rilasciati assegni familiari per il mantenimento dei figli. Sempre per quanto riguarda i figli e la loro educazione c’è l’Education Maintenance Allowance, un sussidio rilasciato direttamente ai ragazzi per coprire le spese dei loro studi. Infine c’è l’Income Support, un sussidio di durata illimitata, garantito a chi ha un lavoro che ammonta a meno di 16 ore settimanali.

– Francia. Il Revenu Minimum d’Insertion o Rmi è stato adottato dal 1988 (ma si pensi che non è tra i primi, Gran Bretagna e Germania ci avevano già pensato negli anni ’70), si ottiene dai 25 anni in su e consiste in un’integrazione al reddito di circa 425€ se si è single, 638,10€ se si è in coppia (e si sottolinea coppia, intesa in maniera laica), 765,72€ se la coppia ha un figlio, 893,34€ se ne ha due, più 170€ per ogni altro figlio. Le coppie con almeno un figlio hanno diritto poi alle Allocations Familiales, valide fino al compimento del 21° anno di età del figlio. Per ogni nato, bimbo adottato o in affido c’è la Prestation d’Accueil du Jeune Enfant (Paje), che varia dai 138 ai 211€ mensili. Sempre per ciò che riguarda i figli, alle famiglie con bimbi o ragazzi in età scolare e che non superano una determinata fascia di reddito, viene assegnata l’Allocation de Reintrée Scolaire, un sussidio d circa 247€ destinato all’acquisto del materiale scolastico.

In conclusione possiamo certamente affermare che sia importante, anche in Italia, inserire nelle politiche del welfare il “reddito di base”, come peraltro chiesto dall’ UE a tutti gli Stati Membri. Con la condizioni imprescindibile di coniugare allo stesso l’obbligo di accettare qualsiasi offerta di lavoro. Infine un’ ultima sottolineatura o meglio rimprovero a tutte quelle 19 regioni italiane che non hanno seguito il buon esempio della Regione Lazio che nonostante Belsito evidente qualcosa è riuscita a fare.

Intervento in aula di Michele Piras nel corso della Seduta alla Camera dell’ 11 Maggio 2015

di  Michele  Piras

Grazie, Presidente. Colleghi, esponenti del Governo, mi viene in mente una metafora, pensando alla mia terra, che è quella di un muro che, poniamo, sia alto 1,70 metri. Dietro quel muro c’è un ragazzo di 1,75 metri e un bambino di 1,30 metri. Entrambi sono liberi, in via teorica, di guardare oltre quel muro che cosa c’è. È del tutto ovvio che solo uno effettivamente può farlo ed è il ragazzo alto 1,75 metri.

Io mi rendo conto che la metafora dell’altezza, parlando di Sardegna, forse per ciò che si dice di noi sardi, possa essere anche ironica e, tuttavia, forse anche l’ironia ci sta, dato che io debbo ammettere, in quest’Aula, che da qualche tempo a questa parte provo un’intolleranza piuttosto accentuata rispetto alla politica e ai politici che descrivono la crisi, che citano le cifre, i numeri, i casi, gli esempi della crisi. Forse, perché di questi tempi, ad esito di una delle crisi più lunghe, la crisi più lunga dal secolo scorso ad oggi che abbia mai colpito l’Occidente e questo Paese, io credo che ogni famiglia, ogni persona sappia che cos’è la crisi, perché la vive nelle proprie case, perché l’avverte sulle proprie viscere, perché ciascuno ha un familiare che non ha lavoro, che è precario, che rischia di perderlo, che lo potrebbe perdere domani, perché ciascuno conosce – e tanto più nella mia terra – che cosa vuol dire l’emigrazione, come fu per mio padre nel 1960, per mia madre nel 1962, per i miei nonni, come fu per intere generazioni che si videro ingiustamente costrette a lasciare la loro terra, da tutto il meridione e anche dalla Sardegna.

 

Io credo che il punto che bisognerebbe affermare sia un altro, perché, se noi scioriniamo i numeri della crisi, c’è sempre qualcuno che ti dice che è più in crisi di te. A giudicare, ad esempio, dal crollo del PIL nella mia regione, si potrebbe dire che ci sono altre regioni che hanno perso più PIL della Sardegna. Sui numeri della disoccupazione c’è una concorrenza che non può essere giocata sulle spalle delle persone e sulle condizioni materiali delle persone.

Allora, io penso che il punto sia il muro, il punto sia summum ius summa iniuria, come avrebbe detto Cicerone, cioè che, quando una norma, un diritto, pur affermato, non tiene conto delle specificità di un contesto, non tiene conto delle condizioni concrete e materiali nelle quali questo diritto si dovrebbe poter esercitare o quella condizione specifica dà, io credo che in quel medesimo istante si commette un’ingiustizia, pure quando il diritto teoricamente sembrerebbe perfetto. Questo è un po’ quello che le regioni meridionali – e anche la mia – sicuramente avvertono in ordine a quello che è successo in questi anni, anche a seguito, diciamo, di un’omogeneizzazione senza capacità di tener conto delle specificità delle dimensioni locali, imposteci, ad esempio, dall’Europa cui l’Italia fa seguito.

La mia è una terra di un’irrisolta specificità, che va da sé, quella geografica e fisica, che si vede, insomma, perché è un’isola.

Diceva Emilio Lussu: è l’unica isola d’Italia. Non per fare torto ad altre, ma perché, in qualche maniera, culturalmente, oltre che socialmente ed economicamente, differente. La specificità della questione sarda, così come lo era per Gramsci, è per me qualcosa di diverso dalla questione meridionale, qualcosa di diverso dalle altre grandi questioni che ci sono in questo Paese. Non da mettere prima e in testa: da mettere al pari delle altre nell’agenda di un Governo come grande questione nazionale.

Ed è questa specificità, il nucleo della crisi in Sardegna, che, probabilmente, per limiti nostri, di noi rappresentanti di quel popolo in quest’Aula, o forse per scarsa capacità di cogliere la profondità di quella crisi, che i miei colleghi continentali non riescono a capire fino in fondo; a cogliere sì, ad ascoltare certo, a capire fino in fondo credo di no. Ed è sicuramente demerito nostro, non demerito di qualcun altro, se non riusciamo a spiegarla; è demerito nostro.

La Sardegna è una terra straordinaria, una terra di grandi bellezze, di grande fascino, di grandi potenzialità inespresse. Anche qui mi viene in mente una metafora ridicola: noi abbiamo un treno, detto «superveloce», parcheggiato alla stazione di Cagliari, che è stato acquistato su decisione di una giunta di qualche tempo fa, commissionato. È arrivato in questi ultimi mesi, è fermo alla stazione di Cagliari: dovrebbe percorrere la tratta Cagliari-Sassari in due ore. È fermo alla stazione di Cagliari causa linea ferroviaria sabauda; sabauda perché quella è rimasta da quando l’hanno costruita ed è rimasta precisamente nella stessa percentuale assolutamente inferiore alla dotazione infrastrutturale di ferrovie del resto delle regioni d’Italia.

Quel treno è fermo: vorrei, ma non posso; ho la potenzialità, ho il pane, ma non ho i denti. Questa è un po’ la cosa che fa rabbia della mia isola: è un’isola di grande potenzialità inespresse, perché nessuno si dispone nell’ottica di pensare che quella terra è irrisolvibilmente diversa, vive una condizione irrisolvibilmente diversa rispetto alle altre regioni d’Italia.

 

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Piras. Onorevole Centemero !

 

MICHELE PIRAS. E allora da qui bisognerebbe partire, da una politica che tenga conto di quella specificità. Qui non veniamo a portare i cahiers de doléances, non siamo alla rivendicazione ottocentesca. Ciò che si chiede è di essere messi nelle condizioni – come altri, non più di altri, ma neanche meno – di esercitare il proprio diritto allo sviluppo, il proprio diritto al benessere, il proprio diritto all’autodeterminazione.

E, quando in quest’Aula o nei dibattiti politici si mette in discussione la specialità

dell’isola sul piano costituzionale, mi arrabbio, altri si arrabbiano, perché, in passato, ce ne sono volute di lotte per l’emancipazione di un popolo, per l’affermazione della parità di diritti di un popolo, per ottenere quello Statuto speciale, e ce ne sono volute di rinunce.

Allora, il dramma della Sardegna non è solamente la crisi: nel 1984 Enrico Berlinguer, nella sua ultima visita in Sardegna, in una delle sue ultime visite pubbliche prima del tragico comizio di Padova, sbarcò in Sardegna e parlò di crisi, nel 1984 ! La crisi è una cosa, la desertificazione è un’altra. Esiste un bellissimo testo, di cui consiglierei la lettura: è un testo di sociologia economica, che analizza quella che è stata la vicenda economica in Sardegna dal secondo dopoguerra ad oggi, del professor Gianfranco Bottazzi dell’Università di Cagliari, che sostiene la tesi, che, a ben vedere, è vera, che la Sardegna, nel secondo dopoguerra, sia stata la regione d’Italia – sembrerebbe un paradosso – che più rapidamente è cresciuta, che più rapidamente si è trasformata.

Quella trasformazione economica possente, arrivata attraverso i piani di rinascita, ha talmente profondamente e rapidamente trasformato la struttura economica, sociale e culturale, e poi anche quella politica, della mia isola che non ha dato il tempo neanche ai sardi di sostituire la cultura tradizionale con un nuovo modello culturale, forse anche perché nelle condizioni di farlo, anche qui, non siamo stati messi mai.

Non ci è stato dato il tempo. Così repentino, quanto lo sviluppo della Sardegna, è stato il crollo di quel sistema produttivo retto e foraggiato dal sistema delle partecipazioni statali, dall’immissione di risorse pubbliche nell’economia. C’era la crisi nel 1984 e non ci si è mai occupati di una cosa che precipitava. Oggi, al precipitare altrettanto rapido, nel giro di una decina d’anni, di tutto il sistema produttivo sardo, ci si ritrova non solamente con la desertificazione economica, ma ci si ritrova in una crisi psicologica di proporzioni enormi che sta portando i sardi o al rinchiudersi a casa o a fuggire dall’isola o, comunque, ad esprimere una rabbia che anche – senza giustificazione – nel moltiplicarsi degli attentati, nella recrudescenza del fenomeno degli attentati nei confronti degli amministratori pubblici, è del tutto evidente.

Allora, su questa crisi, su questa desertificazione, su questo stato di cose, credo che serva un’azione forte da parte del Governo nazionale, serva il riconoscimento, serva il sostegno, serva l’elaborazione, insieme all’Europa, di norme specifiche che consentano ai sardi di esercitare il diritto allo sviluppo e all’autodeterminazione, altro non ci può essere (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) !

 

Svimez 2014. Allarmanti i dati sulla Sardegna

di  Antonella  Soddu

Secondo  i  dati emersi dalla  rilevazione del rapporto SVIMEZ 2014 – Associazione per lo sviluppo  dell’industria nel Mezzogiorno – presentato  nell’ottobre 2014 a Roma, continua a registrarsi per la Regione Sardegna una tendenza fortemente negativa. Rispetto il 2013, nel 2014  si è registrato una diminuzione del Pil pari al 4,4%, perdendo complessivamente negli anni di crisi dal 2007 oltre il 13 per cento di prodotto, tasso di natalità inferiore di due punti percentuale rispetto al tasso di mortalità, ripresa delle emigrazioni con un saldo migratorio (-1,2 per cento), occupazione diminuita del 7,3 per cento nel biennio 2012-2013, tasso di disoccupazione ufficiale pari al 17,5% (nell’ultimo trimestre 2014 si attestava al 18,3%, tasso poi  cresciuto  di  3 punti  nei primi 3 mesi  del 2015 ) con tasso di disoccupazione giovanile (giovani con meno di 24 anni) pari al 54%, un aumento della percentuale di laureati emigrati (21,6 per cento) e un tasso di dispersione scolastica pari al 25 per cento, percentuale di famiglie povere pari al 24,8 per cento, saldo fortemente negativo nell’immediato, ma con una pesante tendenziale conferma per quel che concerne il numero di cessazioni di imprese, procedure fallimentari e aziende avviate alla liquidazione.

In  questo  contesto  di  collocano  i 26.763 lavoratori  sardi, di cui  9.494 in  CIG e 17.269 in mobilità in deroga, che  ancora  ad  oggi  attendono i pagamenti delle mensilità dovute relative il 2014. Allo stato attuale i pagamenti sono fermi ai 2 ratei  percepiti  tra dicembre 2014 e gennaio 2015 di cui hanno potuto usufruire solo il 40% degli aventi diritto. Il  60% di  essi si è collocato nella lista  dello  stop imposto dall’Inps lo scorso  5  febbraio 2015 a causa dell’esaurimento dei fondi. Nel corso  del  2014 il governo ha assegnato risorse  corsi  come  segue:

1) 17.313.000 euro (decreto ministeriale 6 agosto 2014),

2) 21.641.000 euro (decreto ministeriale 4 dicembre 2014

Da sottolineare che con i primi riparti fondi è stato possibile porre in essere i pagamenti relativi il saldo delle spettanze  2013. Emerge  per che per  consentire i pagamenti  relativi il  2014  occorrano 179 milioni di  euro. Solo 55 milioni di euro, sono, invece, i  fondi   destinati alla  Sardegna come si evince  dal recente (8 maggio 2015)  decreto interministeriale – ministri Poletti e Padoan – che consentirà il pagamento di ulteriori tre/quattro mensilità rendendo ancora necessario il reperimento di circa 130 milioni di euro: tali risorse potrebbero essere recuperate considerato che la delibera Cipe 30 giugno 2014, n. 21, nel disporre meccanismi di disimpegno automatico e sanzionatori a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013, ha disposto a carico della regione Sardegna, una decurtazione pari a circa 107 milioni di euro, derivante dall’applicazione di misure sanzionatorie nella misura del 10 per cento, per un importo di circa 24 milioni di euro, e nella misura del 15 per cento, per un valore pari a circa 83 milioni di euro, su interventi che hanno fatto registrare ritardi nell’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti e che la sopra citata delibera Cipe n. 21 del 2014 ha disposto il finanziamento degli «ammortizzatori sociali in deroga», per un importo pari a 100 milioni di euro, a valere sulle decurtazioni operate dalla stessa, e che tali risorse sono confluite tra le fonti generali di finanziamento dei decreti ministeriali di assegnazione delle risorse alle regioni e che al netto delle finalizzazioni operate dalla suddetta delibera Cipe n. 21 del 2014, risulta, quindi, la disponibilità per successive finalizzazioni per un importo complessivo di 182 milioni euro, tra i quali è moralmente indispensabile prevedere la copertura del fabbisogno della cassa integrazione guadagni in deroga nell’isola.

In  tutto questo contesto si colloca il recente provvedimento assunto dalla  RAS – Modifiche alla legge regionale 6 maggio 2015 (non ancora pubblicata sul B.U.R.A.S.) – Modifiche all’articolo 2 della legge regionale n. 17 del 2013 (Ulteriori disposizioni urgenti in materia di lavoro e nel settore sociale). Autorizzazione di spesa per l’anticipazione degli ammortizzatori sociali in deroga,  che mette  a disposizione ulteriori  50  milioni  di euro  che andranno a sommarsi ai  55 milioni di euro, appunto,  ripartiti  con il decreto  n. 89936  dell’8 maggio 2015. Cifra che  si  va  a sommare ai 52 milioni di euro, anticipati come anticipazione RAS sussidio in compensazione della mobilità in deroga 2013, non ancora rientrati nelle casse regionali. 100 milioni di euro, in totale, dunque, che devono necessariamente rientrare.

Da racconti. “Il mio primo stipendio”

di  Antonella  Soddu
“L’estate finalmente era arrivata; la stavo aspettando come si aspetta al banco dei gelati artigianali, il gelato al gusto preferito, nel mio caso fragola/pistacchio/panna! Avevo, mi pare, diciassette anni; con gli amici stavamo organizzandoci le vacanze, magari poi, alla fine, sicuramente saremmo finiti al solito Poeto; alla 5° fermata. Però, noi, vedevamo in grande e, il nostro veder grande consisteva in una settimana di campeggio di quelli a bassissimo prezzo; oggi si chiamano Last minute, che noi in sardo chiamiamo: “a straccu barattu “. Quel giorno, mi ricordo, appena terminate le otto ore di lavoro alla coop. Consumo, mi recai in ufficio a percepire lo stipendio. Lungo il tragitto fantasticavo su come spendere i soldi; prima di tutto un paio di jeans nuovi roy rogers – non potevano di certo mancare – scarpe comode, due o tre libri ( essenziali per me) ma, poi, da sola mi posi anche la domanda: ” sei sicura che ti bastino per il campeggio?” Continuai a fantasticare finché arrivai a destinazione. Per una ragazza di diciassette anni, recarsi a ritirare il suo primo stipendio, è qualcosa di sensazionale, d’indescrivibile ed io, quel giorno, mi sentivo non solo emozionata, ma, orgogliosa. Entrai, salutai e conversai con la titolare del più e del meno, esponendo anche la giornata di lavoro e i fatti accaduti mentre lei compilava l’assegno e mi consegnava la busta paga. Presi in mano lo assegno, lo guardai, lo rivoltai, lo riguardai e, sicuramente sbiancai. Mi resi conto del fatto che ero pallida perché la titolare mi chiese se stavo bene; – ” sì, perché?” – risposi – ” sei sicura di non aver sbagliato i calcoli ?” – confermò di sì, era quella la mia paga, il mio primo assegno completo di busta paga, Lire 900 mila; (sante benedette vecchie lire!) ero ricca…”

Da racconti. “Il vecchio Garelli 50 di mio padre”

di  Antonella  Soddu
” ricordo di quel giorno che misi in moto il vecchio Garelli rosso di mio padre; mamma era fuori a far la spesa per il giorno e babbo a lavoro. Io, la più grande di tre sorelle e un fratello, dovevo badare a loro, invece, attendevo con ansia di rimaner soli per spiccare il volo verso quelle che erano le nostre concezioni, di esser grandi. Così fu che inforcai la sella del vecchio Garelli 50 rosso fuoco di mio padre. Le mie sorelle e fratello mi guardano allibiti dalla finestra della veranda che dava sul cortile, ridevano, a tratti forse anche preoccupati, ma, ridevano. Avevo circa quattordici anni la prima volta che riuscì a metterlo in moto dopo vani tentativi, non sapevo, infatti, che dovevo aprire l’aria. Ma, in realtà, non sapevo nemmeno cosa volesse dire e, mi domandavo: “Ma come faccio ad aprire l’aria se è già aperta?” Così, facevo degli appostamenti per vedere come mio padre riuscisse a metterlo in moto, finché un bel giorno ci riuscì. ”

Da racconti. “Le tue valige”

di  Antonella  Soddu
“pensavo che quell’aereo partendo via da qui, avesse portate via te, da qui, per sempre; invece, ha lasciato qui le valige di te. Nei giorni seguenti, mi accorsi di non sapere dove riporre quelle valige pesanti. Non riuscivo a trascinarle e anche se cercavo di spostarle in qualche angolo recondito, mi apparivano sempre in vista. Una mattina, in particolare, mi svegliai convinta di essere inciampata nella più grossa, quella contenente foto, e libri. Quelli che avevi lasciato da me e che partendo avevi volutamente dimenticato qua. I giorni, poi, continuavano a procedere ed ero sempre più convinta che alla fine avrei trovato il modo di raggiungere quell’aereo e nel raggiungerlo, ti avrei riconsegnato le valige dimenticate.”

Non ci sono solo i due Marò

di  Antonella Soddu

Tre pescatori italiani da 92 giorni bloccati in Gambia. La causa, una rete da strascico con maglie 68 cm anziché 72. Arrestati,.poi messi agli arresti domiciliari in un albergo ( l’ armatore ha pagato la cauzione ), processati e prosciolti dall’alta corte del Gambia, non possono rientrare in Italia perché a loro non sono ancora stati resi i passaporti. Della vicenda si sta occupando l’ambasciata italiana in Senegal a stretto contatto con la Farnesina. In Gambia, infatti, non è presente ambasciata italiana.

Giornalisti dotati di pressapochismo

di  Antonella  Soddu

Appena dieci giorni fa il tg1 dando la notizia dell’ uccisione del 19enne di Orune, ha parlato di indagini difficili dovute all’omertà. Tre giorni fa la morte di un 19enne padovano. Si pensava fosse precipitato da una finestra in seguito a un malore. Alcuni evidenti segni sul corpo non compatibili con una caduta fanno aprire altri scenari nelle indagini. “Nessuno parla”, dice il tg1; che poi, alla fine, tradotto significa essere omertosi. Qualcuno sa ma non parla. Qual è la differenza in queste due morti? E per quale motivo nel primo caso si dice -“indagini rese difficili dall’omertà”, e nel secondo caso si dice -“indagini rese difficili perché nessuno parla” ?

SORIAL CONTRO FIANO

di Antonella  Soddu

Devo dirlo. Ad Agorà Giorgio Sorial ha sapientemente sbugiardato il deputato Pd Emanuele Fiano (presente in studio) in merito alla legge di stabilità approvata a dicembre del 2014 e vigente per il 2015. Fiano ha negato il taglio di 1,4 miliardi di euro ai Comuni e di 4,3 miliardi alle regioni deciso dal governo Renzi. E, cosa più grave, ha affermato che tali provvedimenti non esistono in quanto ancora non c’è la legge di stabilità 2015. Sottolineando che la legge di stabilità approvata a dicembre 2014  è invece attualmente già in vigore, Sorial ha rammentato a Fiano  la protesta dei sindaci italiani, Piero Fassino in testa. Ovviamente Fiano, a dicembre del 2014 non era in Parlamento.

Restiamo Umani anche sui social

DI ANTONELLA SODDU

 

E da ieri che leggo in certi commenti sul caso dell’infermiere sardo affetto da ebola, i volti della pochezza umana, della paura che si trasforma in meschinità, dell’esser umano che si trasforma nel verme più viscido. Io ultimamente sto pensando di rinunciare a leggere sulle pagine facebook dei quotidiani online perché sono diventate un centro di raccolta indifferenziata del genere umano. Questi alcuni commenti, che sinceramente incutono più paura dell’Ebola:

1 ) Non ho capito perché è venuto qua, non poteva curarsi lì?

2 ) Ma perché non è rimasto a farsi curare in Africa, giacché sono strutturati per contrastare l’ebola, anziché portare guai alla nostra comunità già in forte sofferenza?

3 ) Appunto “ci sono tanti sardi da aiutare qui, perché andare in Africa?”

4 ) Ho sentito che a Sassari ci sono tre persone in quarantena.

5 ) Alla Sardegna manca solo l’Ebola.

Sono i commenti meno indecenti. Il resto fortunatamente è stato rimosso da chi nella redazione ha ancora un minimo di buon senso. Mi domando, ma davvero è questo il mondo che viviamo tutti i giorni? Mi viene in mente una recente canzone, mi pare di Paolo Mengoni – “credo negli esseri umani che hanno il coraggio di essere umani”. Ebbene questi esser umani che hanno il coraggio di essere umani non si può certo ritrovarli in chi ha scritto, pensando davvero, i commenti di cui sopra. Mi son chiesta mille volte, ma hanno sentito qualche volta in tv la storia del paziente zero, il primo contagiato italiano? Forse no. O forse, peggio, hanno visto e sentito ma non hanno capito nulla né di cosa sia l’ebola, né di cosa sia il senso del fare volontariato. Era esattamente il 2 gennaio scorso il medico di Emergency Fabrizio Pulvirenti veniva dimesso dopo un mese di cure dall’Istituto nazionale per le malattie infettive “Spallanzani”. Oggi Pulvirenti è tornato a fare il medico in ospedale, cura i pazienti di quella struttura ospedaliera e a oggi non è registrata la cosiddetta “unzione” come vorrebbe la logica dei commenti i cui probabilmente, invece, provengono da untori d’ignoranza. In conclusione, provo a fare un tentativo, forse vano, per rispondere alle domande; 1) L’Infermiere è rientrato in Italia e quando dopo un leggero malessere verificatosi, appena poco dopo ha capito che poteva aver contratto il virus, ha eseguito tutte le procedure previste dal protocollo, si è messo in autoisolamento. Non ha avuto contatti con nessuno ( tranne che nelle poche ore dopo il suo rientro a casa con tre dei suoi famigliari che allo stato attuale sono sotto regime di quarantena per le verifiche del caso ) ha chiamato il 118, dalla centrale operativa sono state attivate tutte le misure del caso ponendo in essere il protocollo vigente. 2 ) se i sintomi li avesse avuti quando era in Africa, non avrebbe potuto viaggiare perché anche in questo caso ci sono delle procedure che vanno eseguite alla lettera. Che dire, poi, dell’ennesima domanda – “ci sono tante persone da aiutare in Italia, perché andare in Africa? Credo davvero che chi fa questo discorso non abbia la benché minima idea di cosa sia fare il volontariato, dedicare un po’ del proprio tempo agli altri. In Italia non mancano i volontari; ci sono e sanno fare il loro dovere con dedizione e competenze. Sono stanca di ripeterlo, ho fatto volontariato per cinque anni in 118 e mio malgrado non ho potuto, evitate di fare degli interventi di soccorso a persone affette da malattie infettive. E’ la stessa centrale operativa che, contattata dal paziente, attiva le procedure avvisando il personale laico di prestare la massima attenzione e indossare tutti i dispositivi di sicurezza. Eseguito il soccorso, possibilmente si deve chiedere il cambio e mettersi a disposizione per i controlli a monitoraggio. Il personale è esentato dal prestare servizio fino a conferma della negatività dei test. Provate per un solo secondo a pensare, la centrale operativa allerta l’ambulanza di base – “sospetto caso meningite”, oppure, “prestare massima attenzione, paziente affetto da epatite c”. Siamo in Italia, in Sardegna, o in qualsiasi altra regione, che si fa, non si soccorre? Insomma, questo per dire che una malattia infettiva si può contrarre anche qui in Italia, dove per la logica ignoranza di qualcuno si dovrebbe fare volontariato anziché andare in Africa. Infine, e termino, mi rivolgo a Gino Strada, che apprezzo per quanto è riuscito e riesce a fare con Emergency. Gino voglio però farti notare un piccolo incongruenza; ti ho sentito spesso dar contro il nostro sistema sanitario nazionale, probabilmente per molti casi hai ragione, però in questo momento un tuo cooperante, ed è il secondo, lo stanno curando in un ospedale pubblico. Gino, detto tra noi, il nostro SSN per inciso è uno dei migliori al mondo e non può una volta esser fatto da incompetenti e corrotti, e quando serve, diventa da superesperti. In questo momento le cure all’ infermiere, come alcuni mesi fa a Pulvirenti, sono fornite dal sistema sanitario nazionale, quindi pubblico. E provo ribrezzo al solo pensiero che, molti lamentino che – “vanno a fare i volontari s’infettano poi tornano in Italia a farsi curare dello SSN. Auguri di pronta guarigione all’infermiere, e un pensiero – “restiamo umani, abbiamo il coraggio di esser umani” – rivolto ai commentatori d’ignoranza conclamata.